mercoledì 30 maggio 2007

Dodicesima missiva

Le città e i morti

Cesidia

Ciò che rende Cesidia diversa dalle altre città sono le facciate degli edifici. Queste non hanno finestre, né frontoni di pietra o infissi di legno intagliati. I muri non sono mai stati coperti da un leggero intonaco, né hanno mai conosciuto il tepore dei raggi del sole calante. Ubique strutture di resistente bambù hanno piantato i loro artigli sugli edifici, e si sono spinte con insistenza fino alle più remote profondità della città. Si narra che queste strutture servano da tramite tra il mondo dei vivi e quello dei defunti, che, avendo molto tempo libero ed annoiandosi nei bui sotterranei, si dedicano a quelle che sono le attività preferite dagli abitanti di Cesidia in vita, ovvero spiare, origliare e sparlare del prossimo. Le cavità dei tubi sono sfruttate ora come degli intricati periscopi, ora come degli amplificatori di chiacchiere e sussurri, a volte come canali di posta pneumatica, in cui compatte palle di ipotesi, illazioni ed intrallazzi svelati si rincorrono all’impazzata. Ogni tanto qualcuna di queste palle, spinta dalle pressione di parole e suoni, schizza fuori dalle estremità delle strutture, ferendo gli incauti passanti che camminano nelle vicinanze, o esplodendo in sottili strisce di carta colorata, che, depositandosi casualmente sulle strutture, formano l’unica decorazione dei palazzi che gli abitanti di Cesidia gradiscono.


Le città sottili

Leodora

Se non avessi intravisto le lettere incise sul lucente pendaglio, non mi sarei reso conto di essermi imbattuto in Leodora, città che non si può visitare, che non può essere percorsa, ma può solo essere incontrata ed ammirata, prima che la giovane ragazza che la indossa scompaia portandola via con sé. La città è sgusciante, multiforme, camaleontica, assume con repentini sbalzi d’umore apparentemente casuali l’aspetto di monili ed indumenti femminili. Soffice, impalpabile, calda come uno scialle raffinato, improvvisamente si contrae, si condensa in una pietra dura, fredda e sfaccettata. Pochi attimi e la ragazza indossa una tunica sobria, semplice ed austera, che nel corso della giornata diventerà una gonna ampia e sbarazzina, nelle cui pieghe si nascondono le formule segrete che protraggono nel tempo il sortilegio. Questo fa sì che la città assecondi il clima e l’ambiente in cui viene portata, che ne assecondi ed esalti con eleganza le caratteristiche. Leodora non ha abitanti, ma essa stessa abita, nell’immaginazione di chi desidera incontrarla e nel ricordo di chi non potrà più dimenticarla.

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